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nudi nella melma. Tratto tratto uscivano a dare un’occhiata anche le donne, che facevano il bucato sotto il portico della legnaia.

Il signor padrone non finiva mai di farsi la barba.

La Carolina collocò tra i piedi del cavallantino un cesto di vimini, da cui uscivano da una parte il collo di una bottiglia piena di panna tappata con erba fresca, e dall’altra il collo di un’anitra viva.

La povera bestia, legata sul fondo del cesto con ramettini di salice, salutava da lontano le sue dolci compagne che più fortunate di lei, per il momento, diguazzavano fuggendo per l’acqua verdognola della gora sotto l’ombra deliziosa dei pioppi.

— Sapete dove sta: in Carrobio.

— Sì, lo so.

— Le dite di scusare, e che la saluto tanto tanto, e che se mi sentirò bene andrò presto a trovarla.

In quella comparve Paolino vestito bene, colla sua grande catena d’oro grossa come un dito. Siccome s’era fatto tagliare anche i capelli, il cappello di feltro, diventato un po’ largo, cadeva ed andava ad appoggiarsi sulle orecchie come sopra due mensole. Aveva nelle mani un fascio di carte, un portafogli pieno di biglietti di banca, qualche libretto della Banca Popolare e pareva confuso, distratto, sbalordito.