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II.


Al sabato, Bassano, il cavallantino, ebbe ordine di preparare la carrozza grande coi due puledri castagni, e fu pronto per le sette e mezzo.

Cogli alti stivaloni, da cui uscivano fascetti di paglia, coi baffi rossi rasati come il pelo di una spazzola, col suo bel cilindro di pelle scura e la nappina di cuoio alla postigliona, Bassano aspettò una mezz’ora il padrone seduto sul cassero dopo aver infilato le grosse dita di bifolco in un paio di guanti di refe, grandi come due sacchi di meliga.

Nella vasta corte, cinta all’intorno dai fienili e dalle stalle, era un vivo movimento di donne, di ragazzi, di oche e di galline. Di là cantava un gallo, di qua muggiva una manzetta, in fondo strideva un secchio luccicante al sole; era anche una magnifica giornata di maggio.

Intorno al carrozzone padronale cominciarono a raccogliersi i bambini, che s’incantavano a guardare come se non avessero mai vista una carrozza, coi nasi mocciosi, coi piedi