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e ad ogni frase sentiva anche lui la voglia di ridere. E Milano, una città che non manca di burloni, non si lascia scappare le occasioni di ridere.
«So che io non avrei dovuto essere tanto temerario d’innalzare gli occhi sino alla Sua Persona», — diceva la lettera, — e gli pareva di veder Beatrice a ridere. Altro che porgere grato orecchio!.... — Più sotto c’era un’altra frase che diceva: «voglia dunque alla stregua di queste considerazioni....», e qui gli pareva veder Beatrice intenta a cercare sul vocabolario il significato di quella strana parola, che egli aveva voluto introdurre per contentare don Giovanni.
Erano già sonate le dieci e Paolino non si lasciava vedere quella mattina.
La buona Carolina, che aveva il figliuolo sul cuore, andò su, picchiò all’uscio, aprì, e trovò suo fratello ancora a letto, nella stanza quasi buia, avvoltolato nelle coperte come un eroe trafitto nelle pieghe del mantello.
— Ti senti male, Paolino? — chiese, aprendo un poco le imposte.
— Lasciatemi stare; sì, mi sento male.
— Devo far venire il dottor Fiore?
— Fa venire il diavolo. Che non si possa star quieti una mezz’ora?
— Son già le dieci, caro mio: e se ti senti male....