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— Sentite....

— In gola, in gola.... — tornò a ripetere quasi fuori di sè, mostrando i pugni alla terra — in gola a quell’impostore....

— Per carità, caro Demetrio — supplicava la malata, sollevandosi ancora un poco a sedere sul letto.

— Ad uno ad uno gli farò ringoiare i buoni consigli che mi ha dato. Ah io sono un uomo ingenuo, io mi mangerò il fegato, mi farò maledire!?.. Glielo farò mangiar io il fegato a quel....

Ed aizzato dalla sua passione continuò a passeggiare su e giù per la camera come forsennato.

Arabella, chiamata da quella voce stridula, corse e stette a sentire all’uscio col cuore in tempesta. Eravamo alle solite? Lo zio Demetrio non aveva mai gridato a quel modo.

— Sentite una volta, Demetrio. Ora mi fate pentire d’aver avuto confidenza in voi. Abbiate pazienza, venite qua, sedetevi un momento, per l’amor di Dio. Non voglio che voi crediate il male più grande che non sia.

Demetrio, quasi condotto da quella voce molle e insinuante, andò a sedersi su una scranna appoggiata al muro, e si raccolse in sè, con aria sdegnosa e spossata, curvò il corpo sulle gambe, appoggiando la faccia ai due pugni stretti.