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in faccia alla gente. Sono stufa, stufa, stufa; e se dura un pezzo ancora questa vita, mi butto nel Naviglio. Non sono una stupida per non capire che tu mi vieni dietro ad ogni passo.... Ebbene, parla.... chi è il mio amante?

— Quella lettera....? — chiese il povero uomo, soffiando la sua grossa emozione e tremando in tutto il corpo.

— Vedi, come sei stupido? è tutto qui? eccola la famosa lettera. To’, leggila, c’è ancora il bollo fresco. È arrivata ieri, guarda.... Modena.... Leggi e guarda come sei imbecille colla tua gelosia.

Il buon Melchisedecco voltò e rivoltò la letterina, che Palmira trasse dalla tasca del suo vestito rimasto in terra in mezzo alla stanza. Era una lettera di Eloisa, una cugina, maritata a un tenente di guarnigione a Modena, una lettera di complimenti e di piccole commissioni.

Melchisedecco chinò il capo e stette un momento pensoso. Poi, dissimulando la sua incredulità e il suo profondo affanno, soggiunse con un tono raddolcito di tenerezza e d’indulgenza:

— Se anche sono un poco geloso, non ti faccio torto. Se mi volessi bene....

— E non te ne voglio forse? senti, adesso.... cose da far piangere di rabbia. E non sono