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Il Pianelli, col suo risolino sarcastico raffreddato sulle labbra, risalì i portici meridionali fino all’altro capo dove era la sede del Circolo, in alcune sale di angolo tra la piazza del Duomo e la via Carlo Alberto.

— Imbecille! — diceva mentalmente, pensando al povero Pardi. — Invece di obbedire alla moglie, dovresti proibirle di cantare dei duetti troppo teneri col tenore.

Trovò le sale del Circolo aperte e ancora in quel disordine affaccendato che precede una festa. C’erano in mezzo agli operai il Miglioretti e Adone Bianchi, che in maniche di camicia aiutavano i tappezzieri a collocare alcune grosse ghirlande di edera e di fiori di carta intorno alle pareti del salone da ballo.

Il Bianchi, che allora faceva le parti di brillante nelle farse del Filodrammatico, quando vide il Pianelli, gli andò incontro, lo tirò in disparte e gli disse colle sue solite declamate freddure:

— Odi, fellone. C’è stato il maestro Cappelletti a dire che, se non gli paghi gli arretrati, egli non canta nei cori, cioè emigra