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anche lui una punta come quella d’un bastone schiacciato tra una costola e l’altra. — Sì, sì, sì.... — tornò a dire in seguito a qualche cosa che Beatrice gli domandò e di cui non arrivò ancora a prendere il senso.
Quel gran sole di fuori lo abbagliava, lo stordiva; scosse il capo per togliersi d’addosso la vertigine, e gli parve, fra tanti veli bianchi che lo circondavano, di trovarsi perduto in mezzo a una nuvola.
Scambiati i saluti e i complimenti coi Grissini, colla Pardi, col Bonfanti, la nostra brigatella, coi ragazzi davanti in crocchio, si avviò verso il centro. Lo zio Demetrio voleva pagare a tutti la colazione al caffè Biffi in Galleria. I ragazzi parlarono tutti insieme (c’era anche Ferruccio) saltando intorno all’Arabella, che col Signore in corpo mandava la contentezza attraverso alla nuvola bianca del suo velo.
Demetrio camminava a fianco di Beatrice, distaccato, sui ciottoli, per lasciare tutto il marciapiede a lei; e pareva soltanto occupato a curar le carrozze, che sbucavano da tutte le parti.
— Che bella giornata! — disse egli dopo un bel tratto, alzando gli occhi e facendo un mezzo giro sulle gambe.
— Bello essere in campagna! — osservò Beatrice.