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festoni bianchi, azzurri, rosei, con orlature d’argento, e in mezzo a queste un gran cartello invitava le anime giovinette a pascersi del pane degli angeli.
Era una giornata proprio d’aprile, piena di quel sole che schiude l’animo alle speranze della stagione.
Passata la soglia della chiesa, li accolse un tiepido profumo di rose e di gigli. Sotto la gran tazza della cupola, che copre la rotonda, erano state preparate le Sacre Mense, in mezzo a cespugli di sempreverdi e di fiori.
L’altar maggiore brillava nella luce del sole che, passando attraverso a tende bianche, andava a sbattere sopra un padiglione bianco, nel quale cozzavano i diversi bagliori dei candelieri, dei vescovi d’argento e dei fregi d’oro del tabernacolo.
Anche sull’altar maggiore, negli spigoli, sulle gradinate, dappertutto, vasi, cespugli verdi, rose, gigli.
Sopra quella festa allegra di colori chiari giravano le brune arcate di quel massiccio tempio alla romana, colle sue profonde tribune e coi balaustri e le forti costolature di pietra.
Sebbene la cerimonia non fosse ancora cominciata, già molte testine bionde e nere erano abbassate in un pio raccoglimento, i maschi da una parte, le bambine dall’altra. Arabella