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chiedere scusa, o che cosa fare, seguitò a infilare la stringa negli occhielli con una contrazione del viso rigida e dura, che gli indolenziva i muscoli e gli zigomi della faccia.

Una settimana prima, quell’apparizione bianca e rosa non gli avrebbe fatto alcun effetto: ma adesso, dopo che quell’asino di Paolino era venuto a contargli cento storie d’incantesimi e di stregherie, quell’apparizione pareva quasi una risposta a una dimanda, fatta già più volte a sè e alla quale non si era mai sentito obbligato di rispondere. Un gran calore, come se fosse dall’uscio divampata una fiammata, inviluppò il suo corpo. Sentì la fiamma al viso, il suo corpo tremò e vibrò un pezzo come il filo di un parafulmine dopo lo scoppio. Qualche cosa come una nebbia si stese tra lui e la luce del sole.

— Andiamo, andiamo.... — disse cacciando avanti i due maschietti e la bambina, ai quali si aggiunse da basso Ferruccio.

Il Berretta per la circostanza s’era messo in abito d’estate, e andava alzando le mani come se volesse dire qualche cosa, quantunque fosse certo di non aver nulla da dire.

— Sor Demetrio.... — disse salutando, aggiungendo anche una risatina.

Stettero ai piedi della scala ad aspettare la mamma ch’era sempre in ritardo. Finalmente quella benedetta donna si sbrigò, chiuse