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— Sissignore, lei, signor Demetrio Pianelli.... — confermò Paolino, movendo a guisa d’ariete un dito lungo a grossi nodi, come se volesse conficcare il cugino sulla sedia.

— Io, volentieri: tu sei un galantuomo, un ricco signore, non vecchio.... Sei più giovane di me.

— Son del quarantotto? io non mi ricordo nemmeno.

— Sei anche un bell’uomo.

Paolino tornò a sghignazzare, mostrando tutti i suoi trentadue denti bellissimi e sani.

— Non dico con ciò che tu sia un astro.... — aggiunse Demetrio ridendo.

Da quanto tempo non rideva più il meschino! Quel poco focherello di gioia, che l’educazione, il mestiere, i casi e l’invidia degli uomini avevano quasi soffocato sotto la cenere, si rianimava oggi al soffio dell’amicizia. Nella gioia semplice e calda di Paolino, Demetrio sgranchiva l’anima intirizzita; dimenticava i suoi guai, i suoi debiti, il padrone di casa, sua cognata...., tutto, per un momento, e sollevando il bicchiere sopra la tavola, esclamò:

— Allora, bevo alla salute della sposa!

— Piano, bisogna prima sapere se lei è contenta.

— Dunque c’è una lei.

— C’è e non c’è. Per fare gli gnocchi ci vuole la farina, si sa; ma bisognerebbe sapere pri-