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— È di Lodi questa tua bellezza?
— No.
— Di Melegnano?
— No, cioè no e sì.
— Di San Donato?
— Oibò.
— Di Milano?
— Sì, cioè.... — Paolino tirò un sospirone.
— La conosco io?
— Diavolo!....
— Uhm!
La Carolina, che, sotto alla sua pacifica bontà era avveduta e furba, finse di non sapere orientarsi, per rendere la sua meraviglia ancora più meravigliosa, quando Paolino mettesse fuori il nome di Beatrice. Per la buona donna questo matrimonio sarebbe stato naturalmente una disgrazia.
Paolino capì il significato della reticenza e tagliò corto:
— Se non indovini, è segno ch’io son matto da legare. Non parliamone più.
Lì in terra c’era un pezzo di mattone. Paolino lo raccolse, lo palleggiò un momento nelle mani e con un’energia vera da matto disperato lo tirò in una siepe di mortella, facendo correre e cantare tutte le galline che pascolavano nell’insalata nuova. Capiva benissimo che una donna saggia e prudente non poteva consigliare a un buon figliuolo di sposare