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sere quasi perdonata per il riposo di una pover’anima. Se permette....
Andò all’uscio, fe’ un segno ad Arabella, che sulle prime non ebbe la forza di muoversi. Alzò il viso inondato dal guancialetto, e, sentendosi chiamare, si alzò, consegnò la bimba alla vecchietta, che la guardava con un senso di meraviglia, e dopo tre o quattro passi involti e legati, sul punto di varcare la soglia, si sentì come presa alla vita e vivamente trasportata dalla forza invisibile che l’accompagnava. Corse, quasi volò incontro a quel signore pallido vestito di nero, gli gettò le braccia al collo con affettuoso abbandono, si attaccò a lui con tutta la forza, rovesciando indietro la testa, socchiudendo gli occhi, sospirando: — Ci perdoni....
La vecchierella sull’uscio crollava il capo nella sua cuffietta bianca, col guancialetto dimenticato sulle braccia.
Lo zio e la nipote, senz’altre spiegazioni, uscirono da quella casa più consolati, e strada facendo l’una si attaccava al braccio dell’altro con un senso di più domestica intimità. Non si dissero una parola fino a casa: ma due persone non avevano mai parlato e non s’erano mai capite tanto.
Prima di andare a letto, quella stessa notte, Arabella si chiuse nella sua stanza e scrisse una lunga lettera a Paolino delle Cascine,