Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/207


— 197 —


— Io sono...., io sono il fratello di Cesarino Pianelli, vengo a pagarle un debito che....

E per finire la frase trasse il portafogli, ne levò due biglietti da cinquecento, che collocò sopra alcuni libri della scrivania, agitando la testa sotto la violenza di piccoli scatti nervosi.

Il Martini, che non si aspettava quella visita, còlto all’improvviso, assalito in mezzo alle sue dolorose preoccupazioni da una folla di più dolorose rimembranze, non seppe sul momento che cosa dire.

— La cosa.... veramente.... Io non so se devo.... — balbettò.

— Non possiamo pagare il danno morale, questo no: ma se lei può perdonare a quel poveretto, anche per la pace de’ suoi figliuoli, fa un’opera di carità.

Un urto di passione soffocò le sue parole, che finirono in un gesto lento e supplichevole.

Il Martini chinò il capo e socchiuse gli occhi. Stese la mano e strinse fortemente quella di Demetrio, parlandogli vivacemente cogli occhi negli occhi. Sapeva che anche Cesarino aveva lasciata la famiglia in gravi imbarazzi ed esitava ad accettare; ma Demetrio lo persuase a non dir di no, non tanto per la cosa in sè, quanto per la pace dei vivi e dei morti. Poi soggiunse:

— C’è qui una sua figliuola che vuol es-