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be avuto pietà di lei, avrebbe ascoltato i suoi voti. Se fosse stata più grande, avrebbe voluto rinunciare subito alle cose del mondo, farsi tagliare i capelli — quella bellezza di capelli — , vestirsi di nero, andare negli ospedali, nelle missioni, dovunque insomma si può fare del bene, non per sè, ma per dare un sollievo a quell’anima vagabonda, che non trovava requie. A furia di pensarci, fu essa che persuase zio Demetrio a pagare il debito verso il Martini e a rivolgersi per questo al signor Paolino delle Cascine. Col tempo avrebbe pagato col suo lavoro quel debito. E quasi subito le parve che la povera anima fosse più sollevata. Forse ella aveva indovinato ciò che andava da lungo tempo sussurrando e se ne consolò; a poco a poco imparò ad ascoltarla e le parve di capire un’altra volta che aveva bisogno di una messa. Così si abituò ad averne meno paura. Un prete le aveva detto che un atto di pentimento sincero in extremis può salvare l’anima del più feroce assassino, e che le buone opere dei vivi sono tante leve per i poveri morti. Dunque c’era speranza che l’anima del suo papà potesse salvarsi: per lui essa offriva a Dio il bene, che avrebbe potuto fare e godere quaggiù.

Una domenica, coi denari prestati dal si-