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— Non sono....

— Se abbiamo sbagliato, zio, — continuò quella voce piena di lagrime — ci perdoni per questa volta. La mamma non fa che piangere.

— È lei che ti manda qui? — gridò lo zio con una esagerata ruvidezza.

— No, non sa che sono venuta. Ho detto che andavo a messa con Ferruccio, che aspetta qui sulla scala. È venuto anche Giovedì.

"Beb!" soggiunse il cane a sentire il suo nome, guardando ora la ragazza, ora lo zio.

— Povera mamma, ha quasi la febbre. Va compatita se non è pratica. È il nonno che le ha detto di far così, ma adesso si accorge anche lei che aveva ragione....

— Chi aveva ragione? — chiese con un sogghignetto sarcastico Demetrio, mostrando i denti.

— Lei, zio....

— Ah! lo so bene. Grazie tante.

— Non abbiamo più nulla da mangiare. I bottegai non ci dànno più nulla. Ieri e ieri l’altro ho provveduto alla meglio, facendo vendere da Ferruccio la medaglia de’ miei esami, ma non si può andare avanti così, zio, non si può. I ragazzi fanno compassione.

La voce di Arabella andò morendo in un singhiozzo, contro il quale ebbe ancora la for-