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sentire nella voce dello zio un sentimento più umano a suo riguardo. E indovinò giusto. Questo nuovo sentimento di maggior tolleranza verso la più brutta bestia del mondo era nato nel cuore di Demetrio una mattina che, essendo egli andato a far mettere un piccolo segno sulla fossa del povero Cesarino, vi aveva trovato Giovedì, umido di guazza, colle zampe nel terriccio ed il muso sulle zampe, in atto di fare compagnia a qualcuno.

Alzando il viso al disopra della tavola, Demetrio credette di vedere di nuovo le quattro zampe del cane brutte di terra. Non ebbe più cuore di dir delle insolenze ad una bestia, che veniva ad implorare un boccone di pane. Giovedì non aveva nulla da vendere, quasi nemmeno la coda, ed era da compatire se abbaiava per fame.

Gli buttò dunque un boccone di pane fresco, che il cane lasciò cadere in terra e non toccò come se fosse veleno. Invece non cessò dal guardare, co’ suoi due occhi di bestia affettuosa e intelligente, ora lo zio, ora l’uscio, col corpo in preda ad una viva inquietudine.

Subito dopo Demetrio sentì un passetto sulla scala, quindi l’uscio si aprì e comparve Arabella.