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— Addio, uomo felice! — gridò Demetrio e pensò, quando l’altro fu uscito: — Che gli manca per essere felice? Se avesse una camicia di più, forse gli nascerebbero in cuore dei pensieri d’ambizione. Se anche gli manca un paio di scarpe, non ha rispetti umani lui: va in ciabatte.... Chi si contenta è beato, ricco, è tutto quello che vuole. In fondo è il mio sistema: e non c’è mestiere più stupido che il pretendere di raddrizzare le gambe ai cani.

Dopo la gran predica del cavalier Balzalotti si era persuaso anche di più che a lavar la testa agli asini si butta via ranno e sapone. In Carrobio non s’era più lasciato vedere. Venne qualche creditore in ritardo ed egli lo mandò difilato a Melegnano, dal sor Isidoro Chiesa, da quel talentone. — Che! che! voleva giusto mangiarsi il fegato, perderci salute e denari, compromettere la sua dignità e il suo onore per gli occhi di uno.... di una bella pigotta! Bel nome se si vuole; bisogna proprio dire che c’è della gente che ha nulla da fare a questo mondo, se passa il tempo a inventare questi titoli! No, no, non voleva saperne egli di partita doppia.... Grazie tante, sor Demetrio riverito, una bella figura! — E arrossiva ancora a pensarci. A casa sua egli aveva i suoi vasi, tre gabbie di canarini e faceva conto di adottare anche una tortorel-