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grandezza e di sufficienza, per la eleganza del suo modo di vestire, per i colletti in piedi, colle cravatte costose haute nouveauté, per i polsini che parevano di porcellana, e più ancora per la lucentezza della chioma, tirata a furia di cosmetico in due pezze profumate sopra le tempie e aperta in due ventagli meravigliosi dietro le orecchie.
Non più giovanissimo, anzi, se si deve dire, più vicino ai quaranta che ai trentacinque, sapeva ancora colla carnagione bianca e fine e colla sua aristocratica magrezza resistere agli urti del tempo e aspirare al titolo di eterno bel giovine. La barba nera e crespa, morbida, divisa in due piccole punte sul mento, finiva col dargli quel carattere contegnoso e diplomatico che in questi tempi di americanismo insorgente non si trova più che nei grandi camerieri del Cova, ultimi custodi delle tradizioni dei Palmerston, degli Ubner, dei Visconti-Venosta.
Era un magro giovedì grasso. Piovigginava. Tuttavia le strade formicolavano lo stesso della solita gente che ha sempre voglia di veder qualche cosa anche quando non c’è niente a vedere e che, in mancanza di meglio, si contenta di vedere sè stessa. Qualche balcone addobbato, qualche strillo di mascherotto, qualche carrozza coi campanelli, davano di tempo in tempo delle illusioni di giovedì