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e di gioia nei poveri bambini, che stavano per addormentarsi nella gelida malinconia di quella giornata piovosa e senza minestra.
Era il maestro di pianoforte.
Il Bonfanti dalla strada aveva veduto Arabella sul balcone ed era venuto su, prima per fare una visita di condoglianza e poi per sapere quando la scolara avrebbe ripigliate le lezioni. Egli era in credito d’una ventina di biglietti e non osava dire: pagatemi; ma sperava che, lasciandosi vedere, fosse un mezzo per non essere dimenticato del tutto.
Le altre volte il povero Cesarino, che era un fanatico di Verdi, pregava il maestro dopo la lezione di rimanere a mangiare la minestra. Il Bonfanti non credeva d’avvilirsi restando, e pagava poi generosamente col sonare e col cantare a memoria mezzo il Trovatore e mezza la Traviata. Era anche questa un’occasione di mettere le mani sul piano, perchè, dal giorno che il povero maestro era andato all’ospedale col vaiuolo, aveva dovuto vendere anche quel poco cembalo e le tirava verdi, il pover’uomo, verdi come il sambuco. Da tre mesi l’organo di San Sisto era in riparazione: e si può dire che egli vivesse sulle Benedizioni di San Lorenzo.
— Se la signorina non si sente di prender lezione, vado io di là, se permettono....
E colla confidenza del vecchio amico di