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un aspetto grigio e triste sotto l’acquerugiola silenziosa, che stillava senza forza sui muri, impregnando il cielo di vapori stagnanti.
Arabella contava le ore sui battiti del suo cuore e correva per la ventesima volta a guardare dal balcone nella strada.
Passavano carri, tram, carrozze, carriole a mano, con quel frastuono pieno e grosso di una città che vive bene, mangia bene, digerisce bene.
Passò un fiume di gente, uomini, donne, soldati, preti, ragazzi, in tutti i sensi: passò un funerale colla musica in testa...., passò un carro pieno di masserizie.... Un cavallo spinto a corsa scivolò e cadde sulle zampe davanti. Accorse molta gente, fu tirato in piedi, partì zoppicando, la gente si diradò, la grossa fiumana riprese il suo corso solito, ma lo zio Demetrio non si lasciava vedere.
Una volta sola il cuore della bambina si risvegliò a un battito di speranza e fu nel vedere Giovann dell’Orghen, un poveraccio, che lo zio Demetrio aveva mandato una volta a casa con un biglietto. Sperò che venisse ancora da parte sua: ma Giovann dell’Orghen voltò e scomparve dietro San Giorgio.
Si ritrasse dal balcone tutta fredda e stillante acqua e stava per chiamare ancora Ferruccio, quando una forte scampanellata ridestò improvvisamente un grido di speranza