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Demetrio si agitò, si alzò un poco, tornò a sedere, chinò gli occhi sul tappeto e balbettò un «riverisco» quasi inintelligibile. Anche Beatrice si sentiva confusa e imbarazzata di trovarsi a tu per tu con quel famoso cognato, che Cesarino aveva sempre dipinto come un orsacchiotto, un intollerante bigotto, molto abile nel far scomparire le mila lire.
Nei pochi giorni ch’era stata alle Cascine, aveva ricevuto una visita del papà, il sor Isidoro di Melegnano, che la mise in guardia e le comandò di non fidarsi troppo dei raggiri di suo cognato.
Si può pensare se con questi precedenti ella potesse fargli una grande accoglienza. Demetrio, dal canto suo, persuaso per esperienza che la bellissima donna era una testa d’oca, che aveva aiutato a spingere Cesarino sull’orlo del precipizio, impacciato per indole e per abitudine a trattare colle donne, non sapendo da che parte cominciare, passò due o tre volte il fazzoletto sugli occhi e sotto il naso e finalmente domandò:
— Come sta Paolino?
— Sta bene e mi ha detto di salutarvi.
— Sta bene anche la Carolina?
— Sì, sta bene anche lei.
— Mi avete fatto chiamare?
— Son tornata ieri e non ho nessuno a Milano, in questo momento. Non è nemmeno