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bugia. Poi si sarebbe fatto credere a’ suoi che un male improvviso, una congestione, un gran freddo, l’avevano portato via.

Il signor Demetrio a questa mia idea disse di sì col capo. Di suo soggiunse:

— Si potrebbero mandare alle Cascine.

Entrarono i portantini dell’Ospedale che i casigliani avevano fatto venire, posero il morto nella barella, calarono le tendine e, preceduti dalle guardie, con dietro una processione di gente, presero la via Torino verso l’Ospedale.


*


Il giorno dopo, un’ora prima di sera, una carrozza funebre fatta come una scatola, tirata da un cavallo nero, usciva dalla porta dell’Ospedale Maggiore, quella che dà sul Naviglio, e, disceso il ponte, si avviava lentamente per la strada deserta di San Barnaba verso il bastione, e verso il vecchio cimitero di Porta Vittoria, detto il Foppone.

Piovigginava.

Dietro la carrozza, che lagrimava nero, coperto, quasi sepolto da un grande ombrello, cinque o sei passi lontano, come se avesse vergogna di farsi vedere, veniva Demetrio. Non un prete davanti; non un amico intorno.