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e non sovvenuta dal nostro Governo, finì miseramente, lasciando però ottime rimembranze fra gl’indigeni. In seguito il governo egiziano, profittando della indigenza di uno dei superstiti, il Bonichi, si fece cedere i diritti su Sciotel, per poche centinaia di lire sterline, che neppure dette per intero.

Questa cessione è evidentemente nulla, sia perchè contraria alla volontà di Ailù, sia perchè non fu fatta da tutti gli interessati, ma dal solo Bonichi, sia perchè non si mantennero i patti; ed io, sin dal 1876, non cercai di fare altro che rivendicare dal governo egiziano i diritti degli italiani su Sciotel, dove mi pare che dovremmo esserci officialmente e per diritto di giustizia.

Sarei contentissimo che i nostri diritti si facessero valere per via diplomatica; ma, poichè la guerra con l’Abissinia, erede dello Egitto, è inevitabile, io desidero che non si faccia la guerra per la guerra, che non si sparga per sola dignità nazionale il sangue italiano; desidero che si cerchi di trarre profitto da quei tanti milioni che, per la guerra africana, si spenderanno.

Forse è vero, come voi dite, che occorreranno anni e milioni per consolidare, per fertilizzare le vittorie, ma è anche vero che, se mai si comincia, mai si vedrà la fine. Ed io credo che, allorquando al XV e al XVI secolo l’Europa si cominciava a versare in America, le Repubbliche, i principi italiani