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del Governo in una lenta operosità, eccomi di nuovo in Italia per propugnare il progetto, da dieci anni concepito, di strappare cioè all’America tutti gli emigranti, che, dalle varie regioni d’Italia, ivi si dirigono a migliaia, senza un unico scopo, senza un’unica direzione, perdendo lingua, usi, costumi e trovandosi interamente estranei in terra straniera.

Spiego meglio il mio concetto:

Il bene che io mi attendo dal mio progetto, farà si che, fra pochi anni, quei miseri contadini che oggi son costretti chiedere all’America pane e lavoro, non sentiranno più il bisogno d’emigrare; poichè la gran somma di capitali, che dall’Africa affluiranno in Italia, daranno qui al contadino emigrante ciò che cerca in lontanissime regioni, cioè il lavoro e l’utile proporzionato. E si eviterà così alla nostra diletta Italia una grave sciagura, poichè emigrazione dei contadini per l’America, da tanti anni ed in così grande e sproporzionata misura lamentata, è foriera di futura miseria e squallore per la nostra Patria che è eminentemente agricola.

Ella sa che mio scopo si è di fondare una vasta Società per formare delle colonie veramente italiane; che sorgano cioè all’ombra della nostra gloriosa bandiera, e dove gli italiani sentano il meno che sia possibile la lontananza della Patria.

E sono qui allo scopo di mettere in effetto