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parte prima. 25


Finalmente la grande lealtà del Re fu assai conosciuta nel fatto di Monsignor Rinaldo di Tria, il quale apportò a quel sant’uomo talune lettere patenti, per le quali dicevasi ch’elli avea donato agli eredi della Contessa di Bologna (la quale non ha guari tempo era morta) la Contea di Dammartino. Ora su tali lettere il suggello del Re ch’altra fiata c’era stato, era tutto rotto ed infranto, sicchè di detto suggello non ci avea più che la metà delle gambe della imagine del Re e lo sgabello sul quale essa imagine tenea li piedi. Ora il Re mostrò le dette lettere a noi che eravamo di suo consiglio, per consigliarlo sopra ciò. E tutti fummo d’opinione che ’l Re non era tenuto a mettere in esecuzione quelle lettere esautorate, e che per ciò gli eredi non doveano gioire di quel Contado. Ma egli, pur dubitando, appellò tantosto Giovanni Saracino suo Ciambellano, e gli disse che gli apportasse una lettera patente che innanzi gli avea commandato fare. E quando egli ebbe la lettera veduta, riguardò attentamente al suggello che vi era ed al rimanente del suggello delle lettere del detto Rinaldo, e ci disse: — Signori, vedete qui il suggello del quale io usava innanzi la partenza pel mio viaggio d’oltremare, e vedrete anche che questa rimanenza di suggello rassomiglia a punto all’impressione del suggello intero, per che non oserò io, secondo Dio e Ragione, ritenere la suddetta Contea di Dammartino. Ed allora appellò il nominato Monsignor Rinaldo di Tria, e gli disse: Bel Sire, io vi rendo la Contea che voi dimandate.