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liv lezione preliminare.

radicali, siccome opinano i Grammatici Francesi da me veduti, ma sieno invece composti, se pure si vorrà aver ragione di quel c che vi si trova prefisso all’ille ed all’iste latini. E veramente, solo che un poco si torni addietro per la popolare latinità, e che non si voglia ricorrere al rovesciamento della sillabica finale ce1, si incontreranno ne’ comici quelli eccilla, ecciste (da ecce illa, ecce iste per dimostrare presenzialmente la persona indicata) dai quali ci parrà facilmente che una spontanea aferesi, voluta dalla velocità del dialogo, avrà fatto uscire cilla e ciste per quella appunto e questi appunto. Di qui dunque vennero le vedute forme Borgognone cil e cist; di qui le Piccarde chil e chist; di qui il chilla e chisto dei così detti regnicoli; di qui finalmente il quella e questi più schiacciato della maggior parte d’Italia: mentre per avventura il nostro neutro ciò, che in Normandia e Borgogna era ceo o co, e chou o cho in Piccardia, avrà preso origine per rovesciamento dal latino ho-c od ho-cce.

È pure osservabile come i Borgognoni e i Piccardi amavano di sostituire alla acuta desinenza Normanna in i la più chiusa e vasta ui: pertanto essendosi introdotto l’uso di scrivere e di pronunciare celi (puntualmente il nostro quelli) in luogo

  1. La legge del rovesciamento era spontanea nelle lingue ad antefissi succedenti a lingue a suffissi. Io ho discorso su ciò altrove ampiamente: basterà quindi l’accennare che il latino inter-im diventa il volgare mentre, l’inter-dum od inter-dom, domentre; che l’ipse-met prendendo forma superlativa in ipsumus-met, si fa melipsumus, o medesimo, cioè istessissimo: che l’unus-quis-que diventa quisquunus o ciascuno; parum-per o paucum-per, per poco; postidea, dappoi; e che l’ul-tra e ci-tra passa nel dialetto patrio a tra-la e tra-chè.