Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/298

234 la sesta crociata.

ch’elli fu giorno noi vedemmo gli scogli, ai quali noi avremmo urtato senza fallo se non fusse stato la fortuna del piaggione di sabbia che c’impigliò. Come venne il mattino il Re inviò cherère i Maestri Piloti delle navi, e questi ammenarono con loro quattro palombari o mergoni, i quali son genti che vanno a nuoto al fondo dell’acqua come e’ pesci. Li quali quattro palombari furono dai Maestri suddetti fatti scendere in mare là indiritta dove la nave toccò fondo. E costoro capolevarono, e poi passarono per di sotto la nave ov’era il Re con noi altri. E quand’essi risortirono dell’acqua furono uditi tutti quattro spartitamente per sapere ciò ch’essi vi avean trovato. Ma ciascuno d’essi rapportò che al luogo ove s’era urtata la nostra nave, la sabbia avea ischeggiato per ben tre tese ed amminuito la carena su che era la nave fondata. E quando si furo uditi rapportare così, il Re e tutti noi ne rimanemmo alquanto ismarriti e pensosi: perchè il Re domandò ai Maestri quale consiglio donerebbono essi di quella cosa: ed i Maestri nocchieri gli dissero: Sire, per tutto consiglio, se ci volete credere, voi discenderete di questa nave in un’altra; perchè noi bene intendiamo come, poi che il suo fondamento ha sofferto tale urto quale avete udito, ne debbano essere stati altresi iscommessi gli armamenti delle costole, e per ciò dubitiamo grandemente che, quando verrà in mare alto, non possa la nave durare il colpo dei flutti senza ch’ella perisca. Perchè tale esempio ne abbiamo noi veduto, quando voi partiste di Francia, d’un’altra nave