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224 la sesta crociata.

in gran periglio, e se ne venne a monte sino a me. Ora vi dirò ch’io aveva con me li Cavalieri Teutoni, i quali quando videro che i Turchi a cavallo si fuggirono dritto al Castello ch’era assai dilungato dalla città, ismossersi tutti per correre loro sovra malgrado mio, e non ostante ch’io loro dicessi ch’e’ facean male, perchè noi avevamo accapata la nostra impresa, e fatto ciò che ci era stato comandato di fare. Il Castello era tutto al di sopra della città ed avea in nome Subberbe, ed è intorno a mezza lega in su l’alto della montagna che l’uomo appella Libano, e ci hanno a passare molte rocce stagliate e repenti sino al Castello. Or quando i Teutoni videro che follemente essi perseguivano coloro che montavano per al castello, i quali sapevano troppo bene i tragitti e rigiri di quelle rocce, pensarono di rivenire addietro. Il che vedendo li Saracini incalzati, stettero, e poi messo piede a terra, incorsero loro sopra a ma’ passi, balzando pei noti scorci, e donando loro di gran colpi di mazze, e così ributtandoli aspramente sin verso il luogo ov’io era. E quando le genti ch’erano con me videro la iattura e il discapito in che i Cavalieri Teutoni erano condotti al discendere, e come i Saracini li perseguivano tuttavia, cominciarono a sbigottirsene e ad aver paura. Ed io loro dissi che se per avventura fuggissero, li farei tutti cassare e metter per sempre fuori dei gaggi del Re. Ed essi mi risposero: Sire di Gionville, noi abbiamo il peggio assai più che voi, perchè voi siete a cavallo per ismucciarvela quando vorrete, e noi altri siamo a piè, sicchè