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214 la sesta crociata.

di spada sulla testa che gli fece balzar le tovaglie che ricoprivanla sino a terra. E sappiate che su quelle tovaglie essi ricevono sicuri di grandi colpi, e perciò le portano essi quando vanno in battaglia, e sono intortigliate l’una sull’altra molto dura ed artatamente. Allora un altro Saracino pensò calare un gran fendente di sua spada turchesca sul Cavaliere, ma questi seppe tanto ischiancirsi che il colpo non lo attaccò mica; ed in vece al ritorno che fece il Saracino, il Cavaliero gli abbandonò di forza un manrovescio della sua grossa spada per mezzo il braccio, che gli fece volare a terra la scimitarra, e così potè egli finalmente ammenare la sua gente da piè. Questi tre bei colpi fece il Cavalier Genovese davanti il Signore d’Assur, e davanti li grandi personaggi d’Acri, i quali erano montati sulle mura per vedere quelle genti. Dopo ciò si partirono li Saracini dinanzi ad Acri, e perciò che essi udirono che il Re faceva asserragliare Saetta, e ch’elli avea seco poco di buona gente d’arme, tirarono a quella parte. E quando il Re seppene la novella, per ciò ch’elli non avea mica la possanza di resistere contro di loro, si ritirò col Maestro degli Ingegnieri, e il più di gente che potè capirvi dentro il girone del castello di Saetta, il quale era bene affortito e ben chiuso. Ma guari non ci entrò di gente perchè il mastio incastellato era troppo picciolo e stretto, sicchè molti rimasero nelle borgora aperte. E tantosto li Saracini arrivarono ed entrarono in quelle borgora là dove non trovarono nulla difesa, perchè le non erano ancora accompite di chiudersi, e