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parte seconda. 175

Ciambellano, che fu il più leale uomo e il più dritruriere ch’io vedessi unqua nella magione del Re, Messer Gioffredo di Sergines il buon Cavaliero, Messer Gille il Bruno il buon produomo, e le altre genti di suo Consiglio, colle quali era altresì il buon produomo a chi il Re avea donato la Connestabilìa di Francia appresso la morte di Messer Imberto di Belgioco. E loro domandò ’l Re quali genti e qual numero essi avevano ammassato per rimetter su il suo esercito, e siccome scorrucciato diceva loro: Voi ben sapete ch’egli ha un mese, o intorno, ch’io vi dichiarai che la mia volontà era di rimanere, e non ho ancora udito alcune novelle che voi abbiate fatto arma di Cavalieri nè d’altre genti: così fu che gli rispose Messer Piero Ciambellano per tutti gli altri: Sire, se noi non abbiamo ancora fatto niente di ciò, egli è per non potere; poichè senza falta ciascuno si fa sì caro, e vuol guadagnare sì gran prezzo di gaggi, che noi non oseremmo prometter loro di dare ciò ch’essi dimandano. E il Re volle savere a chi essi aveano parlato, ed anche chi erano coloro i quali domandavano sì grossi gaggi. E tutti risposero che era io, e che non voleva star contento alla mezzolanità. Ed io udiva tutte queste cose istando nella camera del Re, e ben sappiate che gli dicevano tali parole di me le genti sunnominate di suo Consiglio, per ciò che gli avea consigliato, contro la loro opinione, ch’elli dimorasse, e che del ritornare in Francia non fosse niente. Allora mi fece appellare il Re, e tantosto andai a lui, e me gli gittai da-