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172 la sesta crociata.

tutto pensivo: e diceva in mio cuore ch’ove il Re se n’andasse a questa fiata in Francia, che io men’andrei verso il Principe d’Antiochia, il quale era di mio parentado. Ed in cosi com’io era in tale pensiero, il buon Re si venne ad appoggiare sulle mie spalle, e mi tenea la testa per di dietro alle sue due mani. Ed io feci stima che fusse Monsignor Filippo di Nemorso che m’avea fatto troppo di noia quella giornata per lo consiglio ch’io avea donato; e cominciai a dirgli: Lasciatemi in pace Messer Filippo, in mala avventura che vi colga. E tornai il viso, ed il Re mi vi passò sovra le mani, e tantosto io seppi bene ch’elle erano le mani del Re ad uno smeraldo che aveva al dito, e me ne ismossi confuso come colui ch’avea mal parlato. E il Re mi fece dimorare tutto chiotto e poi mi va a dire: Venite qua, Sire di Gionville, come siete voi stato sì ardito di consigliarmi, contro tutto il Consiglio dei grandi personaggi di Francia, voi che siete giovine uomo, che io deggia dimorare in questa terra? Ed io gli risposi, che s’io lo aveva ben consigliato, ed egli credesse al mio consiglio; se male, non vi credesse punto e lo rifiutasse. Allora elli mi domandò, s’egli dimorasse, s’io vorrei dimorare con esso lui: Ed io risposi, che si certamente, fosse ciò a mio spendio o all’altrui. Ed allora il Re mi disse che buon grado mi sapeva di ciò ch’io gli avea consigliato la dimoranza, ma che non lo dicessi a nessuno. Donde per tutta quella settimana io fui sì gioioso di ciò che m’avea detto, che nullo male più mi gravava, e mi difendeva arditamente contro gli altri Signori che