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parte seconda. 171

E sappiate che della mia opinione non fui io mica ripreso, ma molti si presero a piangere, perchè non ci avea guari colui, il quale non avesse alcuno de’ suoi parenti cattivo nelle prigioni de’ Saracini. Appresso me, Monsignor Guglielmo di Belmonte disse che la mia opinione era assai buona, e ch’e’ s’accordava a ciò ch’io avea detto. Appresso queste cose, e che ciascuno ebbe ordinatamente risposto, il Re fu tutto turbato per la diversità delle opinioni di suo Consiglio, e prese termine d’altri otto giorni per dichiarare ciò ch’elli ne vorrebbe fare. Ma ben dovete sapere, che quando noi fummo fuori della presenza del Re, ciascuno de’ Signori mi cominciò ad assalire, e mi diceva per dispetto ed invidia: Ah! certo il Re è folle, s’egli non crede a voi, Sire di Gionville, per di sopra tutto il Consiglio del Reame di Francia. Ed io me ne tacqui, e stetti chiotto e pacioso.

Tantosto le tavole furono messe per andare a mangiare. Aveva sempre il Re in costume di farmi sedere alla sua tavola, se i fratelli suoi non vi fussono, ed anche usava in mangiando dirmi sempre alcuna cosa. Ma in quell’ora unqua motto non mi sonò, nè volse il viso verso di me. Allora mi pensai ch’elli fusse mal contento di me, perciò che aveva detto ch’e’ non avea ancora dispeso di suo tesoro, e che ne dovea dispendere largamente. Ed in cosi, com’elli ebbe reso grazie a Dio appresso suo desinare, io m’era ritirato ad una finestra ferrata ch’era presso il capezzale del letto del Re, e teneva le braccia passate per le barricelle dell’inferrata