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parte seconda. 165

chi, e lo richiese che le donasse un dono. E il Cavaliero glielo ottriò per suo sagramento. E la Reina gli va dire: Sir Cavaliero, io vi richieggo sulla fede che voi m’avete donata, e per la fede che dovete al Re mio e vostro Signore, che se i Saracini prendessono Damiata, durante il tempo di mio giacere, che voi mi tagliate il capo avanti ch’essi possano toccare al mio corpo. E il Cavaliere con sereno viso le rispose, ch’egli molto volentieri il farebbe, e che già avea avuto in pensiero di così fare se il caso fosse accaduto.

Nè tardò guari che la Reina isgravossi nel detto luogo di Damiata d’un figliuolo ch’ebbe in nome Giovanni, ed in suo sovranome Tristano, per ciò ch’egli era nato in tristezza ed in povertà. E il proprio giorno ch’ella isgravossi, fulle detto che tutti quelli di Pisa e di Genova, e tutta la povera Comune che era nella Città, se ne volevano fuggire e lassare il Re. E la Reina li fece venire davanti il suo letto e loro domandò e disse: Signori, per la Dio mercè vi supplico ch’egli vi piaccia non abbandonar mica questa Città, perchè voi sapete bene che Monsignore lo Re, e tutti coloro che sono con lui sarebbono tutti perduti: e tuttavia s’egli non vi viene a piacere di così fare, almeno aggiate pietà di questa povera cattiva Dama che costì giace, e vogliate tanto attendere ch’ella sia rilevata. E coloro le rispuosono, ch’egli non era possibile, e ch’essi morrebbono tutti di fame in così fatta cittade. Ed ella loro rispose ch’e’ già non vi morrebbon di fame, e ch’ella farebbe accattare tutta la