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156 la sesta crociata.

tro per altre palliate rimostranze, che veramente s’erano essi mispresi dell’aver ucciso il loro Soldano, e che ciò era contro il comandamento di Macometto, che diceva in suo dittato doversi guardare il Signore come la pupilla dell’occhio; e ne mostrava il comandamento in uno libro che teneva in sua mano. Ma, aggiungeva egli: ora ascoltate, Signori, l’altro comandamento, e voltava adunque il foglio del libro, ammonendoli che Macometto comanda che, ad asseveranza della sua fede, si debba uccidere lo inimico della Legge. E poi diceva per rivenire alla sua intenza: Or riguardate il male che noi abbiam fatto d’aver ucciso il nostro Soldano contra ’l comandamento di Macometto, ed ancora il più gran male che noi faremmo se noi lasciassimo andare il Re, e non lo uccidessimo, sien qualsivogliano le sicuranze ch’egli abbia avuto da noi; perchè egli è desso lo più grande inimico della Legge di Paganìa. Ed a queste parole a poco presso fu che la nostra morte non venisse accordata. E da ciò avvenne che l’uno di quegli Almiranti che ci era contrario, pensando in suo cuore che ci devessono tutti far morire, venne sulla riva del fiume, e cominciò a gridare in saracinesco a quelli che ci conducevano nella galea, e colla tovaglia, ch’e’ si levò di testa, loro per di più accennava, e diceva ch’essi ci rimenassero verso Babilonia. E di fatto fummo disancorati e risospinti addietro contra monte; donde per entro noi fu menato un duolo tragrande, e molte lagrime ne uscirono degli occhi, perchè c’indovinavamo tutti che ci adducessero a mala morte.