Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/212

148 la sesta crociata.

mezzo e gli trasse il cuore dello interame; e così fieramente se ne venne al Re colle mani sanguinenti, e gli domandò: Che mi donerai tu, poi ch’ho io ucciso il tuo nimico che t’arebbe fatto morire s’egli avesse vissuto? Ma a questa villana dimanda, nè levò il viso, nè rispose un sol motto il buon Re San Luigi.


Capitolo XXXV.

Del male che ci avvenne dopo che ’l Soldano fue ucciso, e delle nuove convenenze giurate cogli Almiranti.


Quando costoro ebbono compiuto il misfatto, egli ne entrò ben trenta nella nostra galea con loro spade tutte nude in mano ed al collo loro azze d’armi. Ed io domandai a Monsignor Baldovino d’Ebelino, il quale intendeva bene Saracinesco, che era ciò che quelle genti dicevano, ed egli mi rispose ch’e’ dicevano come ci volessero mozzare ’l capo. Di che vistamente vidi un troppello di nostre genti che là erano, ire a confessarsi ad un Religioso della Trinità, il quale era con Monsignor Guglielmo Conte di Fiandra. Ma quant’a me non mi sovvenne allora di male nè di peccato ch’unqua avessi fatto, e non pensai se non a ricevere il colpo della morte, e m’agginocchiai a’ piedi de l’un d’essi tendendogli il collo, e dicendo queste parole nel fare il segno della Croce: Così morì Sant’Agnese. Accosto a me agginocchiossi Messer Guido d’Ebelino Connestabile di Cipri, e si confessò a me, ed io gli donai tale assoluzione come Dio me ne dava il podere: ma poi di cosa ch’egli mi avesse detto,