Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/207


parte seconda. 143

Saracini gli ebbono giurato e promesso in lor fede di così fare e di così liberare, il Re promise ch’egli pagherebbe volentieri per la redenzione e diliveranza di sue genti cinque cento mila lire, e pel suo corpo ch’egli renderebbe Damiata al Soldano, poich’elli non era punto tale ch’e’ volesse redimersi, nè volesse avere per alcuna finanza di danaio la diliveranza del corpo suo. Quando il Soldano intese la buona volontà del Re, uscì dicendo: Fe’ di Macometto! franco e liberale è il Francesco, il quale non ha voluto bargagnare sovra sì gran somma di danaio, ma ha ottriato fare e pagare ciò che l’uomo gli ha dimandato: or gli andate dire, fece il Soldano, che io gli dono sul riscatto cento mila lire, e non ne pagherà più che quattro cento milia.


Capitolo XXXIII.

Come appresso il Trattato si approdò alla nuova Albergheria del Soldano, e come gli Almiranti si giuraro contra di lui.


Adunque il Soldano fe’ tosto mettere in quattro galee sul fiume le genti più grandi e più nobili che ’l Re avesse per menarle a Damiata. Ed erano nella galea ove fui messo, il buon Conte Piero di Bertagna, Guiglielmo Conte di Fiandra, Giovanni il buon Conte di Soissone, Messere Umberto di Belgioco Connestabile, e li due buoni Cavalieri Messer Baldovino d’Ebelino e Guido suo fratello. E quelli della galea ci fecero approdare davanti una gran magione che il Soldano avea fatto levare sovra il fiume. Ed era così fatta questa albergheria ch’egli vi