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130 la sesta crociata.

l’uno a l’altro per avere o dimandar tregue, e l’uno de’ duo Principi si muore, il messaggere, s’egli è trovato, e che le tregue non sian donate, elli sarà fatto prigioniero da qualche parte che ciò sia, sia elli cioè messaggere del Re o del Soldano.


Capitolo XXX.

Come io fossi preso, e condotto in fine di vita, e poi guarito per un beveraggio datomi da un buon Saracino.


Ma, lasciando per ora questa materia, e rivenendo a me, ben dovete sapere che noi altri i quali eravamo in acqua sui nostri vascelli istimando scappare sino a Damiata, non fummo punto più abili o benagurosi di coloro ch’erano rimasi a terra, perchè noi fummo presi altresì come udirete qui appresso. Il vero è che, istando noi sull’acqua, si levò un terribile vento contro noi, che veniva di verso Damiata, il quale ci tolse il corso dell’acqua per modo che, non bastando ad appoderarlo, ci convenne tornare a dietro verso li Saracini. Il Re avea ben lasciato ed ordinato molti Cavalieri a guardare i malati sulla riva del fiume, ma ciò non ci servì di niente per tirarci ad essi, da che se n’eran tutti fuggiti. Or quando venne verso la punta del giorno, bassò il vento, e noi calammo sino al passaggio nel quale erano le galee del Soldano che guardavano il fiume sì che alcun vivere non fusse ammenato da Damiata all’oste, donde è stato toccato qui davanti. E quando essi ci ebbero scorto, levarono un gran bruìto e cominciarono a trarre su noi, e sovra gli altri nostri Cavalieri ch’erano da l’altro lato della riva,