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lezione preliminare. xvii

perciò meno vero che dalle varie condizioni d’ambi gli elementi di che essa miscèla si componeva, questo poteva qua e colà variamente alterarsi, donde poi ne potrebbero nascere in esso linguaggio medesimo le possibili sottovarietà dialettali.

E già la principale influenza Franca non dovea esercitarsi sul meccanismo, e direi quasi sull’ossatura della più ampia e diffusa loquela de’ soggiogati, ma contenta all’aggiugnere alquante parole designanti cose ed usanze novelle, doveva esercitarsi massimamente sulla sua enunciazione, o vogliami dire sulla pronuncia. Per essa dunque ne verrebbero modificati i corpi e le desinenze delle voci gallo-romane, per essa si accrescerebbero gl’incerti suoni dei dittonghi, frutti per lo più o di lingue mescolate o di alfabeti ascitizii ed improprii, per essa finalmente ne riuscirebbe poscia inferma e variabile la scrittura, quando sarebbe posta al duro sperimento di raggiugnere con segni latini la diversità dei suoni dialettali, e l’oscura mistione o di più vocali o di mal discernibili consonanti.

Verso il Nord ci dice l’istoria che i Franchi s’accamparono e stettero in maggior numero, e però le Fiandre, l’Artesia e la Piccardia noi le troviamo con i suoni più aspirati e più aspri. La Borgogna, il Nivernese, il Berrì e le province vogliam dette o più meridionali o centrali, addolciscono per contrario la profferenza, e s’allargano nelle vocali; ed in queste sappiamo che abbondarono i conquistati, siccome in quelle che dovettero accogliere, non solo i possessori antichi, ma quei Gallo-Romani