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parte seconda. 57

di mare al quale discendere per attendervi sue genti a sigurtade, sicchè aggiugneva che bene una nuova rapina di vento ci poteva sorprendere, e sbandarci e gittarci lunge qua e là in istrani paesi, come egli era avvenuto de’ suoi Cavalieri l’ultima Pentecoste. Sicchè fu accordato, al suo avviso e piacere, che il venerdì innanzi la Trinità il Re scenderebbe, ed andrebbe combattere contro a’ Saracini se pure ardissono di fronteggiarlo. E comandò il Re a Monsignore Giovanni di Belmonte ch’e’ facesse dare a Monsignore Airardo di Brienne, con chi io era, una galea per discendervi noi e nostre genti d’arme, perciò che gli uscieri non potevano, per la sottigliezza del mare, attingere alla terra. Ed in così come Dio volle io mi lasciai della mia nave calare in una piccola galea che mi pensava aver perduta, ove stavano otto de’ miei cavalli. La qual galeotta m’ avea donato Madama di Bairuth, la quale era cugina germana del Conte di Montebelial: ed al venerdì Monsignore Airardo di Brienne ed io tutti armati movemmo di verso il Re per domandargli la detta galea ch’egli ci aveva innanzi ottriata. Ma Messer Giovanni di Belmonte ci rispose, presente il Re, che noi non n’avremmo punto. Il che vi ho voluto dire perchè sappiate che il buon Re aveva altrettanto affare a trattenere in pace sue genti come egli n’avea a sopportare sue fortune e sue perdite.

Quando le nostre genti videro che noi non ammenavamo punto di galee, essi si lasciarono cadere nella galeotta a gran forza, di che i marinai