Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/112

48 la sesta crociata.

il nome di Dio sì che ci volesse tutti condurre a bene. E tutti ad alta voce cominciaro a cantare quel bell’inno Veni Creator Spiritus di motto in motto; ed in cantando così li marinai fecero vela da parte di Dio. E incontanente il vento s’imbottò nella vela, di che la nave abrivando ci fè perder di vista la terra sì che non vedemmo più che cielo e mare: e ciascun giorno ci allontanavamo più del luogo donde noi eravamo partiti, e più cresceva il periglio. E per ciò io voglio ben dire che colui è matto e folle, il quale sa avere qualcosa dello altrui od alcun peccato mortale nell’anima sua, e si butta in tale risicoso dannaggio, perchè, se l’uomo s’addorme a sera, egli punto non sa se al mattino egli si troverà anche sulla nave, o sotto tutte l’acque del mare.

Ora vi dirò la prima cosa meravigliosa che ci arrivò in mare. Ciò fu una gran montagna tutta rotonda che noi trovammo davanti Barberìa intorno l’ora di Vespro, e quando noi l’avemmo passata, tirammo oltre tutta quella notte. Quando venne il mattino noi pensavamo aver fatto ben cinquanta leghe e più, ma che è che non è, noi ci trovammo ancora davanti quella gran montagna. Chi funne isbalto ne fummo noi, e tantosto navigammo a gran forza siccome innanzi tutto quel giorno e la notte seguente; ma ciò fu tutt’uno, perchè noi ci trovammo ancor là. Allora ne fummo più di prima ismarriti, e temevamo esser tutti in forte periglio di morte, perchè e’ marinai dicevano che tantosto li Saracini di Barberìa ci verrebbono a correr sopra.