uomini e suggetti di Gionville che venissero tutto dinanzi a me la vigilia della detta Pasqua, che fu il giorno in che nacque Giovanni mio figliuolo Signore di Ancarville, che fu della prima mia donna, sorella del Conte di Gran Prato1. Io fui tutta la settimana a fare feste e banchetti con mio fratello Gioffredo Sire di Valcolore, e tutti li ricchi uomini del paese che là erano, ed appresso che avevamo bevuto e mangiato, dicevamo canzoni gli uni dopo gli altri, e dimenavamo gran gioia ciascuno di sua parte. Ma quando venne il Venerdì io dissi loro: Signori, sappiate ch’io me ne vo oltre mare, e sì non so s’io ritornerò giammai o no. Pertanto se ci ha nullo tra voi a chi per avventura abbia fatto alcun torto, e che si voglia lagnare di me, si tragga avanti, perch’io lo voglio ammendare qualmente ho in costume di fare a coloro che si dolgono di me o di mie genti, siccome a voi tutti è noto. Ed affinchè non avessi appoggio o vantaggio alcuno, durante il loro consiglio, mi tirai in disparte, e ne volli credere tutto ciò ch’essi me ne rapporterebbono senza nulla contraddizione2. E sì
- ↑ Il n. a. s’era sposato giovinetto nel 1240 ad Alice sorella d’Errico Conte di Gran Prato, e ne avea avuto due figliuoli prima del suo passaggio per la Guerra Santa.
- ↑ Si veda il Serventese di Guglielmo di Muro, Ray, Choix ec. T. V. f. 203 ove tra l’altre cose si dice ai Crocesignati:
- Però ciascuno guardi come v’andrà guernito.
- Perchè Dio non vuole che coll’altrui guernimento,
- Di che altri a torto sia stato spossessato,
- Là passi null’uomo senza farne innanzi soddisfazione.
- Perch’io non credo che a tal uomo prometta
- Dio suo regno nè che suo amor gli doni,
- Sebbene là vada con arco e con saetto
- Perchè il soldo che prende supera il suo guiderdone.