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più presto possibile, ma astenevasi dal gemere e lagnarsene per non affliggere i suoi cari. Questa sensibilità, figlia mia, non ti pare più nobile, più utile, più conforme alla religione di quella d’Ortensia?

La ben intesa sensibilità dev’essere più nel cuore che nella fantasia o nelle parole. Chi ben dirige questa potente molla si commuove a tutto ciò che è grande, santo, sublime. Iddio, la patria, l’umanità, la famiglia, la verità, la scienza destano in un cuore nobilmente sensibile puri e vivi affetti, i quali infondono la forza del sacrifizio ed in solenni momenti fanno della donna un’eroina, una martire.

Rammentati, Mariuccia mia, che il piangere al pianto altrui è prova di miglior cuore che annoiarsene e fuggirlo, ed il rasciugarlo con validi soccorsi, potendo, od almeno con soavi e confortevoli parole, è pietà efficace, che ci procura le più dolci consolazioni. Oh! se tutti i doviziosi conoscessero le pure gioie della beneficenza, quanti felici di più vi sarebbero, che non profondendo e sciupando le loro ricchezze in vanità, in frivoli passatempi ed anche peggio, attirandosi l’invidia e fors’anco l’amara censura del povero, invece delle sue benedizioni!

Guendalina Borghese, ricca dama che all’avvenenza del volto accoppiava nobiltà e squisitezza di sentire, spese l’intiera sua esistenza in favore degl’indigenti. Invece di feste, di nuove mode bizzarre ed eleganti, invece di consacrarsi al feti-