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siva, com’io lo sono teco. Guai se la figlia non ha piena confidenza nella madre!... Ma uguale schiettezza ed espansione non sei tenuta ad usare con tutti. Non potendoti conoscere gli estranei, nè amare, com’io ti conosco ed amo, interpretano talora in modo sinistro le tue parole e valgonsi di esse, per danneggiarti o per lo meno per giudicarti con poco favore. — Se tu, p. es., sei ricca e fortunata e narri le soddisfazioni, che colle tue dovizie ti procuri, od i tuoi trionfi e le tue gioie, desti facilmente invidia, sei creduta una vanitosa e diventi importuna, antipatica.
Se per l’opposto sei povera e descrivi le privazioni alle quali devi sottometterti, da pochi avrai sincero compianto, da molti biasimo, accusando te od i tuoi parenti d’imprevidenza, di mala amministrazione, di stoltezza e persino di crudeltà. Tutti poi si annoieranno presto della tua compagnia, se in società ti lagni spesso della tua miseria, delle tue disgrazie, dei tuoi dolori. — Tu devi perciò farti forza, mostrarti ilare, trattenere chi ti viene a visitare con discorsi briosi, interessanti, o per lo meno indifferenti; e più troveranno che hai spirito, disinvoltura, tatto sociale, se saprai condurre il discorso in modo da non dover parlar mai di te, ma da indurre gli altri a fare sfoggio del loro sapere, narrare i casi loro, lieti o tristi che siano, prendendo viva parte a ciò che dicono, rilevando la grazia con cui si esprimono, e qualsiasi altro loro