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delle persone e delle cose, interpretando in moda bernesco ed anche spesso poco pulito qualunque atto o detto altrui, tantoché con lei non si riusciva mai a ragionare di cose serie, nè a darle utili lezioni. Parlando tanto ed a precipìzio, le era impossibile fare ciò che Cicerone raccomandava; cioè di pensare, prima di parlar, a ciò che s’ha da dire; e spesso, senza volere, diceva sciocchezze madornali, insolenze, ed offendeva e stancava quanti l'avvicinavano. Ella sperava poi che ogni cosa le venisse perdonala, in vista della sua eccessiva vivacità; ma s’ingannava. 0gnuno la sfuggiva o divertivasene qualche momento per poi deriderla. 1 migliori la compiangevano, accusando i suoi educatori, i quali non l’avevano in tempo avvertita de’ suoi difetti.

In società Zerlina si credeva obbligata a prendere parte a qualunque discussione e riscaldandosi per sostenere la sua tesi, spesso regalava titoli d’asino, d’imbecille, d’infame e peggio ai suoi avversarii o s’ingolfava in argomenti che una fanciulla non dovrebbe trattare ed ai quali sarebbe bene che rispondesse con un dignitoso silenzio, se su di essi venisse interpellata, imitando l’esempio del filosofo Zenocrate, il quale, alle interrogazioni indecenti d'un indiscreto sempre tacque; e quando questi gli domandò: «Perchè non mi rispondete? egli disse: Se a voi sia bene il fare questa sorta di domande, a me non conviene rispondere».

La buona Emilia, che già ho avuto il piacere