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tato una data scuola, letti i tali libri, seguito uno speciale metodo educativo, o perchè venne istruita da maestri ch’ella giudica più valenti di qualsiasi altro, o parlando spesso della nobiltà della nascita sua e de’ suoi antenati, delle sue dovizie, delle sue beneficenze.
Quanto sono stucchevoli queste povere saputelle, che per l’ordinario, con una superficialissima coltura, sputano sentenze come se fossero altrettante Minerve in carne ed ossa e spifferano poi, senz’accorgersene, spropositi madornali! Ad esse con ragione il sommo nostro poeta direbbe: E tu chi sei che vuoi sedere a scranna — Per giudicar da lunge mille miglia — Con la veduta corta d’una spanna?
Rammenta spesso questa bella terzina, Mariuccia mia.
Quant’è più cara invece l’Emilia, umile, conscia del poco che sa in confronto al molto che ha da imparare, che non ambisce le lodi e si mostra paga della tacita stima dei buoni!
Curosa di essere sempre pulita ed assestata nel vestiario, semplice e gentile nelle maniere con chicchessia, non agogna di far la prima figura, nè s’accorge neppure quando la sua avvenenza, le sue grazie le attirano gli sguardi d’ammirazione di tutti. — La bontà, il candore dell’animo suo angelico sono espressi dal suo sguardo, riservato e soave ad un tempo, dalle sue movenze dignitose, aggraziate, ma naturali, dalla sua parola schietta, pura, spontanea, e