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un ruscello, fece conca delle mani e bevve l’acqua che con esse raccolse. Diogene tosto gettò via la sua coppa, sclamando: Oh me stupido! che l’ho creduta finora necessaria!
LEZIONE III.
La vanità.
Se le inurbanità di Eufrosina, se la scuola del cinico Diogene non sono certo da imitarsi, mia cara Maria, bisogna non meno procurar d’evitare l’eccesso opposto.
Troppa ricercatezza nella toletta, nel modo di vestire, di muoversi, di parlare riesce non meno stucchevole della scompostezza, del disordine e dello sprezzo alle civili usanze, e tutto ciò che, è stucchevole, che dà noia a qualcheduno, è inurbano, cioè contrario al galateo, alla buona educazione.
Vi sono fanciulle che non si contentano di pulirsi la pelle con acqua limpida e fresca, ma s’impasticciano con olii, pomate, polveri, sperando di apparir più belle. Esse s’illudono,
Diana di Poitiers, duchessa di Valentinois, una delle bellezze del secolo xvi, alla Corte di Francia, che seppe innamorare Francesco I e poi suo figlio Enrico II, sul cui cuore così lungamente imperò, si seppe conservare fresca e bella fino ad avanzata età, non adoprando mai altro per lavarsi che acqua pura e fredda e rifiutando belletti, polveri, odori,