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di cader supina, o rideva sgangheratamente dopo aver narrati aneddoti triviali o dalle allusioni sconce, che eccitano la nausea e non certo l’appetito in chi mangia.

Anche gli abili di Eufrosina davano disgusto.

Ora era una calza, che lentamente le scendeva sul piede, perchè non ben legata; ora uno stivalino che mancava di stringa; ora la vestina rotta, scucita, senza ganci o sgualcita, e macchiata; ora erano i pantaloncini sbottonali, slegati, per difetto d’occhiello e di nastro; ora il grembialino bianco tinto d’inchiostro o di che so altro.

Il naso d’Eufrosina poi respingeva i baci, ch’ella con noiosa insistenza ad ogni istante chiedeva, o meglio si prendeva, buttandosi al collo degli uni e degli altri, in modo da strozzarli o da disordinarne la pettinatura ed il vestiario. Esso era sempre sudicio, come se il fazzoletto destinato a pulirlo non fosse ancora stato inventato.

Se l’impiegare un tempo troppo lungo in toletta dinota leggerezza di carattere, colpevole vanità, il trascurare la nettezza del corpo e degli abiti, il trasandarne l’ordine, l’assestatezza è prova d’animo ignobile, apata, che non sente amore pel bello che è indifferente all’altrui stima e simpatia. Iddio ci diede un corpo ed un’anima e c’incombe l’obbligo di curar l’uno e l’altra. Il primo deve considerarsi come servo della seconda; ma anche un servo vuol essere convenientemente trattato. Che diresti mia cara Ma-