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Nel suo contegno pure lasciava molto a desiderare. Invece di star composta quando sedeva, e di camminare con grazia, allorchè doveva muoversi, ella stendeva sguaiatamente le gambe o si contorceva, strisciava i piedi con rumore o saltava urtando qua e là persone o cose o s’appoggiava sui vicini, ne pestava i piedi e gli abiti, senza chiedere scusa. Ora si grattava il capo od altre parti del corpo; ora poneva le dita in bocca o nel naso o nelle orecchie; ora si prendeva i piedi in mano, o rosicchiavasi le unghie; ora faceva scricchiolare le giunture delle dita, sbadigliava o tossiva o starnutava, senza portar la mano od il fazzoletto alla bocca ed al naso; in una parola faceva atti disgustosi all’altrui vista. «Quale peccato che non conosca il galateo!» sclamava ciascuno, osservandola. — «Se avesse miglior educazione, sarebbe una bella e simpatica creatura! Eufrosina offendeva la sensibilità altrui, non solo coi sopraccennati atti, ma bensì ancora con molti altri. A tavola insudiciava spesso sè e chi le sedeva allato, perchè, dopo aver toccato i cibi unti colle mani, accarezzava i genitori, i fratelli e gli amici, spruzzava di qua e di là la salsa, maneggiando con mala grazia il coltello e la forchetta; s’empiva troppo la bocca e, colle gote rigonfie, parlava, beveva, rideva in guisa da farsi andar di traverso il cibo, spaventando tutti per la tosse convulsa, che la soffocava; aveva la smania di riempire fino all’orlo, a sè ed agli altri, il bicchiere mac-