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mossiere di lasciar andare i cavalli. Era uno spettacolo tra barbaresco e pittoresco, che molti ancora ricordano, e che si compiva fra le grida acclamanti di centomila persone, addensate sulla via, sulle terrazze e sui palchetti. Oggi sarebbe impossibile farlo rivivere, non esistendo più dell’antico Corso che il primo tratto da piazza del Popolo a piazza San Carlo. Al palazzo De Lozzano, che poi fu il noto Albergo di Roma, i balconi erano occupati ordinariamente da principi stranieri. Le botteghe cambiate in palchetti, e botteghe, e balconi fruttavano ai proprietari migliaia di scudi. E in quelle sere, come si è detto, avevano luogo i grandi balli dell’aristocrazia, per cui si faceva a pugni per avere una sera disponibile, sino al punto che l’ambasciatore di Portogallo andò addirittura mendicando una sera libera per dare il suo ballo ufficiale; e qualche anno dopo, il banchiere Hooker, che abitava al palazzo Bonaparte, non potendo avere una sera, dette un ballo di giorno. Nel martedì grasso non vi erano balli, ma veglioni e cene, e primeggiavano quelle di casa Borghese, di casa Doria e di casa Rospigliosi. Il Borghese convitò la sera del martedì grasso del 1859 non meno di duecento persone, divise tra quattro tavole di cinquanta coperti; e nel centro, fra le quattro tavole, sorgeva un enorme mazzo di fiori. Ad ogni invitato era poi offerto un mazzolino con l’indicazione del posto a lui destinato. È inutile aggiungere che, in quelle occasioni, faceano di sè splendida mostra le magnificenze della casa, il famoso servizio d’argento dorato, regalo di Napoleone I alla sorella Paolina; le porcellane di Paolo V, e i cristalli di Scipione Borghese.


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Entrata la quaresima, Roma cambiava faccia interamente. L’editto del cardinal vicario, affisso alle cantonate, proibiva agli osti, trattori, cantinieri, albergatori, caffettieri e pasticcieri, di somministrare cibi grassi, tranne a coloro che fossero muniti di regolare licenza, i quali dovevano entrare in camere appartate per non dare scandalo. Onde, nei caffè e nelle osterie v’era una tela divisoria per quelli che, mostrando la licenza, potevano mangiare di grasso.

Tutti i teatri si chiudevano per riaprirsi dopo Pasqua e i di-