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78 | capitolo v. |
cominciarono a convenire a Roma principi e personaggi di grido, artisti e uomini di studio; e le feste religiose si alternarono coi balli, le caccie e i ricevimenti mondani. Con la magnificenza delle funzioni sacre, che si svolgevano, gareggiava il fasto delle famiglie dell’aristocrazia, che riaprirono quasi tutte i vecchi saloni. Ai balli dì Doria, di Massimo, di Borghese e di Lancellotti, seguì in quell’anno la festa che li oscurò tutti, data dal principe Alessandro Torlonia la sera del 3 marzo, nel gran palazzo del Bramante, a Borgonuovo. Gl’invitati furono milletrecento; e tra essi diplomatici, cardinali, generali francesi e quanti notevoli forestieri ospitava la città. Il Torlonia, banchiere, volle con quella festa far onore alla sua vistosa clientela, e mirabile fu la signorilità e cortesia della padrona di casa, donna Teresa Colonna, le cui gioie, rappresentanti un valore straordinario, aggiungevano alla bella persona grazia e splendore. Essa aveva sposato, a soli diciassette anni, il Torlonia, che ne aveva quaranta, e questi, sposandola, avrebbe detto, secondo il Gregorovius, «è una statua cui farò un piedistallo d’oro». Ma il matrimonio non portò fortuna alla principessa, la quale impazzì e morì a 52 anni, dopo lunga infermità. Per la morte di lei il palazzo del Bramante non si riapri più a feste, anzi il Torlonia l’affittò a diplomatici e cardinali, riducendosi a vivere, quasi da anacoreta, nell’ultimo piano del palazzo in piazza Venezia dove morì. La festa di quella sera fu memorabile. Vi cantarono i principali artisti dell’Apollo, e il cotillon terminò alle 7 della mattina. I cardinali andarono via a mezzanotte, ma l’Antonelli rimase fino ad ora più tarda, e vi rimase l’Ugolini, cardinale diacono e mondano anch’egli.
Succedendosi gl’inviti, furono stabiliti i principali ricevimenti per turno. La domenica da Borghese; il lunedì da Doria e da Salviati; il martedì da Bargagli e da Aldobrandini; il mercoledì da Lancellotti; il giovedì da Del Drago; il venerdì da Pallavicini e il sabato da Rospigliosi, senza contare i ricevimenti minori e i balli dati dai forestieri. Al palazzo Firenze si verificava uno stridente contrasto fra le parsimoniose abitudini toscane, e quelle grandiose delle famiglie romane. In carnevale cominciavano i pranzi e i balli della diplomazia. Il cardinale Altieri, presidente di Roma e Comarca, dette uno splendido